Riflessioni sulla madre del sig. Bossetti
L’accanimento mediatico nei confronti della madre di Massimo Bossetti è una delle pagine più squallide di questo caso. Una donna la cui privacy è stata violentemente violata, senza alcun motivo se non quello puramente mediatico di alimentare “gossip” di bassissimo livello.
E quando c’è di mezzo una ragazza uccisa, noi troviamo che “fare o alimentare gossip” sia davvero molto poco delicato.
Poiché desideriamo rimanere coerenti con il nostro atteggiamento rispettoso nei confronti di tutti e soprattutto di chi nulla ha a che vedere con questa vicenda, eviteremo di pubblicare sia il nome della signora che la sua immagine. Lo hanno già fatto le TV ed i giornali e non è davvero più necessario. Noi preferiamo scrivere come tutti avrebbero dovuto fare in precedenza: rispettando totalmente la sua privacy.
Facendo un passo indietro, l’accusa sostiene che secondo le loro analisi il DNA rinvenuto sull’angolo della mutandine della povera ragazza appartiene al sig. Bossetti. Fin qui nulla di strano, tutto legittimo e tutto nella norma di un’indagine giudiziaria.
Ma se la scienza e gli esami tenuti dall’accusa sono così certi e perfetti, a cosa serviva buttare in pasto ai media il passato della signora? A cosa serviva continuare a chiedere ad una signora anziana che cosa avesse o non avesse fatto in gioventù?
A cosa serviva “raccontare” agli italiani i retroscena privati di una signora che, non avendo colpe, meritava certamente molto più rispetto?
Dal nostro punto di vista, tocca alla “scienza” e solo a lei dichiarare l’identità del padre del sig. Bossetti, non certo alla madre. O forse i risultati di tali analisi erano così incerti che sarebbe stato “utile” avere conferma in TV e sui giornali dalla mamma stessa se si era o non si era accompagnata con il famoso autista?
Anziché ossessionare la povera donna, noi avremmo semplicemente preferito che una super perizia del DNA del sig. Bossetti venisse autorizzata, così da fugare ogni dubbio sulla sua identità. Senza infangare l’immagine di una rispettabilissima signora totalmente estranea alla vicenda.
Tutto ciò non è degno di un paese civile e di un popolo di valore.
Perché in un paese civile, il nome della signora, la sua storia di vita e la sua privacy sarebbero stati difesi e non dati in pasto ai media e al popolo intero per il semplice fatto che nulla la signora avrebbe potuto aggiungere ai risultati della scienza e allo svolgersi delle indagini.
E in assenza di ulteriori prove (ad oggi non ne esistono), in un paese civile e in un processo “giusto” si sarebbe permesso all’imputato di avere controprova di tale traccia biologica da parte di un laboratorio nominato “super partes” al fine di definire “una volta per tutte” l’identità di tale DNA.
Ma questa perizia non è stata concessa così che i media, per fugare i tanti dubbi sulla veridicità dei risultati di questo DNA incompleto e tutt’ora incerto, hanno preferito “martoriare” la signora fino allo sfinimento sperando in una sua confessione.
Improvvisamente sono tornati i tempi dell’Inquisizione e delle streghe bruciate in piazza. Che desolazione intellettuale.
Ma a chi interessa di chi è davvero figlio Massimo Bossetti? L’identità dei genitori è sicuramente servita in fase d’indagine ad individuare il presunto figlio, ma perché “mettere” successivamente in piazza il passato dei genitori? A quale scopo se non la ricerca del puro “pettegolezzo”?
L’accusa avrebbe dovuto limitarsi a “dimostrare” che il DNA dell’imputato fosse proprio quello di Ignoto 1 e viceversa. Ma non l’ha voluto fare.
E a noi dispiace che i giudici, negando tale super perizia da parte terzi, abbiano negato ai nostri ottimi RIS di Parma di dimostrare finalmente a tutta l’Italia quanto precise e corrette fossero le loro analisi.
Vivremo per sempre nel dubbio.
Concludiamo, esprimendo da parte nostra la massima solidarietà alla signora (oggi purtroppo scomparsa) che meritava infinitamente più rispetto e meritava di essere lasciata in disparte, nell’ombra della sua casa e del suo comprensibile dolore.