Le celle telefoniche

L’accusa ha fatto leva sul fatto che il 26 novembre 2010 alle ore 17:45 il cellulare di Massimo Bossetti avesse agganciato la cella telefonica di Mapello “Via Natta – Settore 3”, ossia la stessa che avrebbe agganciato un’ora dopo quello della povera Yara, ma nel “Settore 1” quindi nella direzione opposta a quella dell’indagato.

Ciò che, però, si sono dimenticati di sottolineare è che, dalle analisi complete dei tabulati stessi, è chiaramente emerso che in momenti compatibili con la presenza di Massimo in casa (ad esempio il sabato e la domenica) circa il 15% del traffico generato e ricevuto dal suo telefonino veniva generato agganciando proprio la stessa cella di Mapello “Via Natta – Settore 3” che invece, secondo l’accusa, lo avrebbe “incastrato”.

Per questo motivo secondo l’opinione di Luigi Nicotera, tecnico informatico forense che ha eseguito le perizie, poteva benissimo indicare che Bossetti mentre allacciava quella cella fosse sul tragitto per ritornare a casa (come le telecamere hanno dimostrato), in casa o nelle vicinanze, e non “per forza” a commettere un delitto in mezzo alla strada all’ora di punta in mezzo ad una strada molto traffica e a due passi da casa sua.

Se il sig. Massimo Bossetti vivesse a Roma, a Bari o a Trento, il solo fatto di allacciare proprio quella cella e proprio quella sera sarebbe certamente un forte indizio di colpevolezza. Ma vivere semplicemente a pochi chilometri dal luogo della sparizione della povera ragazza non è certamente una colpa. Per questo motivo, l’allacciamento della cella telefonica equivalente a quella di casa propria non può essere ovviamente considerata una prova.

Inoltre, la Vodafone ha dichiarato in una lettera datata 25 gennaio 2011 che quella sera il telefono del sig. Bossetti non fu mai spento. Semplicemente non fu più utilizzato dopo le ore 17.45 fino al mattino successivo alle ore 7.25 (tipico per una persona che si trova a casa) e non agganciò nessun’altra cella telefonica per il semplice motivo che da casa non si mosse.

Ma a scagionare il sig. Bossetti non è solo il suo telefonino, bensì proprio il telefonino della povera ragazza.

Sempre la Vodafone, infatti, ha dichiarato che il cellulare di Yara agganciò alle 18.49 la cella di Mapello “Via Natta” in occasione di un sms inviato all’amica Martina ma si spense pochi minuti più tardi alle 18.55 agganciando la cella di via Ruggeri a nord-est di Brembate, ossia in direzione OPPOSTA al campo di Chignolo d’Isola.

Inoltre, alle 19.09 il suo cellulare si riattiva per pochi minuti facendo tre squilli alla madre per poi non dare più segnale. Anche in questa occasione il cellulare di Yara agganciò la cella di via Ruggeri a nord-est di Brembate, ossia in direzione OPPOSTA al campo di Chignolo d’Isola.

Lo ripetiamo: in direzione OPPOSTA.

A quest’ora, stando alla ricostruzione dell’accusa, Bossetti e Yara avrebbero già dovuto essere nel campo di Chignolo, in piena zona industriale, in un luogo frequentato e per nulla isolato come via Badeschi. Luogo, nel quale, Bossetti avrebbe dovuto commettere la dinamica omicidiaria.

Ma entrambi i loro cellulari raccontano tutta un’altra storia.

Tale circostanza sarebbe quindi sufficiente a far crollare l’intero castello accusatorio poiché se Massimo Bossetti avesse davvero rapito e condotto al campo di Chignolo la ragazza, il cellulare della ragazza non avrebbe MAI potuto in quell’orario agganciare quella cella telefonica mentre il cellulare di Bossetti avrebbe dovuto agganciare un’altra cella diversa da quella che aggancia da casa sua.

Nota

Perché queste relazioni ufficiali della Vodafone sono state ignorate?

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