Gli abiti della piccola Yara e le famose piume
Gli stessi abiti della piccola Yara raccontano una storia molto diversa da quella fantasticata dall’accusa. I segni ed i tagli ritrovati sui suoi abiti non lasciano dubbi sul fatto che la piccola vittima sia stata spogliata, tenuta nascosta in un luogo ben diverso da quello di Chignolo d’Isola per poi essere rivestita e trasportata al campo.
Gli stessi abiti della piccola Yara raccontano una storia totalmente diversa, una storia nella quale Massimo Bossetti verrebbe totalmente scagionato dalle accuse che lo condannano.
Leggiamo da libro di Carlo Infanti “Nel Nome del Popolo Italiano”:
Come accennato in premessa, la dinamica e il movente che vogliono Massimo Giuseppe Bossetti autore del delitto di Yara Gambirasio, non sono stati individuati dagli inquirenti.
Nessun tribunale, inoltre, è riuscito a dare con certezza una risposta su come e dove sia avvenuto il delitto. La dimostrazione di quanto dico la troviamo proprio nel capo d’imputazione che la Procura ha emesso nei confronti di Massimo Giuseppe Bossetti, capo d’imputazione nel quale si identifica il luogo dove è avvenuto l’omicidio, tra Brembate di Sopra e Chignolo d’Isola, due comuni distanti tra loro di circa 10 km. Salvo poi nella ipotesi della dinamica dell’omicidio, sostenere che Yara è morta nel campo di Chignolo d’Isola, in provincia di Bergamo il 26 novembre 2010. Inoltre, che non è stata spogliata e che le ferite da taglio sul corpo sono state inflitte quando la giovane ragazza aveva tutti i vestiti indossati.
Io mi sono sempre domandato se una dinamica diversa da quella prospettata dagli inquirenti, escluderebbe di fatto Massimo Giuseppe Bossetti di essere l’autore dell’efferato delitto.
Credo di sì. Infatti, se il corpo di Yara non fosse rimasto nel campo di Chignolo d’Isola per 3 mesi, ossia dalla sera della scomparsa del 26 novembre 2010 fino al ritrovamento nel campo di Chignolo del 26 febbraio 2011, ma in un altro luogo, diventerebbe difficile accusare il Bossetti di essere l’esecutore materiale del delitto e di aver fatto tutto da solo.
In questo caso bisognerebbe almeno trovare un possibile luogo dove Bossetti avrebbe potuto occultare il cadavere, naturalmente un luogo inaccessibile a chiunque visto che non ci sono complici. Io temo che questa ricostruzione fatta dalla Procura per quanto dichiarata dalla stessa una semplice ipotesi, andasse approfondita e accertata con maggiore cura anche alla luce di molte incongruenze che la stessa si porta appresso.
Eppure di elementi su cui riflettere e dubitare fortemente che Yara Gambirasio sia rimasta lì per tre mesi, non sia stata spogliata e soprattutto giunta in quel luogo con le sue stesse gambe e poi caduta e morta di ipotermia e stenti, certamente non mancano.
Intanto, occorre chiarire che quel campo di Chignolo d’Isola, in via Bedeschi, è ben noto agli inquirenti. Infatti, pochi giorni prima del ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio, fu trovato il corpo di un altro giovane assassinato.
Un primo elemento che cito da profano in materia è la posizione in cui è stato trovato il corpo della povera Yara Gambirasio. Sarà un’immagine un po stereotipata la mia, ma credo che una ragazzina che sta morendo di stenti e ipotermia si sarebbe dovuta ritrovare rannicchiata su se stessa. Invece, la sua posizione supina con gambe leggermente divaricate e le braccia alte al livello della testa, mi fa sospettare un corpo portato da due persone o trascinato per le braccia.
In questo libro mi sono impegnato a portare documenti e non ipotesi, le mie, che lasciano il tempo che trovano. A questo punto analizziamo un primo documento: un video. Nel filmato girato dagli agenti della Polizia Scientifica il giorno successivo al ritrovamento di Yara nel campo di Chignolo d’Isola, è registrata una conversazione tra due agenti.
Uno di essi chiede al collega: “Secondo te Yara è qui da tre mesi o l’hanno portata dopo?” Il secondo agente risponde: “Dopo… dico… dopo lì.”, indicando il luogo del ritrovamento.
C’è da chiedersi su quali elementi un Ispettore di Polizia, certamente con una esperienza maggiore alla mia, fa un’affermazione così chiara e netta. Forse perché, come si vede dalle immagini, il luogo del ritrovamento di Yara non era così ricco di vegetazione da impedire agli elicotteri di vederla? Oppure: perché appare davvero inverosimile che non si sia trovato il corpo di Yara quando, poco più di un mese prima (il 16 gennaio), a meno di 300 metri dal luogo del ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio, fu rinvenuto il cadavere di un altro giovane ucciso?
Sarebbe stato opportuno sentire le motivazioni che hanno spinto questo agente, incaricato di repertare il luogo del ritrovamento di Yara, a formulare un’ipotesi del genere. Ancora più incredibile come una simile affermazione fatta dagli agenti di Polizia, non sia stata sottoposta al vaglio della Corte d’Assise di Bergamo.
Ma questo è nulla rispetto a quello che ho trovato nella relazione della Dottoressa Cristina Cattaneo consegnata alla Procura di Bergamo, dove ci sono molti elementi che non si trovano neppure nelle motivazioni della sentenza di primo grado.
Il primo di questi elementi riguarda le ferite tafonomiche trovate sul corpo di Yara. Per comprendere meglio il significato che la Dottoressa Cattaneo da alla parola tafonomica utilizziamo la definizione che la stessa patologa da a pagina 316 della sua relazione dove scrive testualmente: “Trattasi ora di valutare le lesioni agli indumenti e il loro rapporto con quelle rinvenute sul cadavere.
Già nella sezione Indumenti (7) si è fatta una descrizione medico-legale delle lesioni da un punto di vista macroscopico e stereo microscopico che, si ribadisce, non è di natura merceologica. Sempre da una prospettiva medico-legale si è valutata ogni lesione classificandola come certamente da taglio, certamente tafonomica o incerta (talvolta vi sono giudizi misti). Si rimanda tuttavia ogni finale diagnosi merceologica al personale dei R.I.S. di Parma ai quali sono stati affidati tutti gli indumenti.
Le lesioni sono quindi da noi state distinte in:
– Lesioni tafonomiche, dovute a dinamiche posteriori alla morte relative a fattori ambientali o comunque accidentali (quale contatto con rovi o altro agente naturale); tali lesioni presentano margini per lo più irregolari e/o sfilacciati. Molte di queste lesioni potrebbero essere dovute all’attività esercitata da parte di ratti sul corpo della vittima che ha coinvolto anche i tessuti. L’attività dei ratti è dimostrata dalla presenza di molti escrementi, concentrati in particolare modo tra le pieghe delle lesioni dei pantaloni e tra i capelli; alcuni di questi piccoli escrementi sono frammisti a frammenti di capelli e piccoli frammenti di tessuto.
– Lesioni da taglio o da punta e taglio dovute al contatto del filo di un tagliente con il tessuto; in base al tipo di tessuto coinvolto i margini possono risultare più o meno netti o finemente sfilacciati;
– Lesioni incerte, in questa categoria sono comprese tutte le lesioni la cui interpretazione è dubbia in quanto, la sola osservazione macroscopica della forma e dei margini non consente di stabilire la modalità lesiva”.
Subito dopo la Dottoressa presenta 7 tabelle per i 7 diversi capi d’abbigliamento ossia:
– Piumino con 4 lesioni di cui 2 certamente da taglio e due di provenienza incerta.
– Maglietta con 19 lesioni di cui 4 certamente da taglio, 9 sono certamente tafonomiche e 6 di provenienza incerta.
– Pantaloni con 14 lesioni di cui 7 sono certamente lesioni da taglio, 6 certamente lesioni tafonomiche e 1 di provenienza incerta.
– Slip con 3 lesioni di cui due certamente da taglio e 1 di provenienza incerta.
– Calze: 2 lesioni entrambe tafonomiche.
– Scarpe: 1 sola lesione e di tipo tafonomico.
– Felpa: 7 lesioni tutte lesioni da taglio.
Ora da questo breve elenco diventa facile capire che qualche cosa non quadra. Infatti, la piccola Yara fu ritrovata completamente vestita tanto da spingere la Procura a ipotizzare che non sia mai stata spogliata.
Indossava, infatti, un reggiseno parzialmente slacciato e sopra il reggiseno una maglietta azzurra. Sopra la maglietta una felpa di Hello Kitty e sopra la felpa un piumino. La domanda sorge spontanea: com’è possibile che la maglietta, che si trova sotto la felpa e sotto il piumino abbia ben 19 lesioni (l’indumento più martoriato di tutti) di cui addirittura 9 certamente tafonomiche, mentre la felpa che si trova sopra la maglietta non ha nessuna lesione tafonomica e ben 7 lesioni da taglio?
Ma c’è di più. Se la povera Yara Gambirasio non è mai stata spogliata, com’è possibile che il piumino a contatto diretto con possibili “fattori ambientali o comunque accidentali (quale contatto con rovi o altro agente naturale)” abbia solo 4 lesioni di cui 2 certamente da taglio e 2 di provenienza incerta? E, pertanto, nessuna ferita tafonomica?
Verrebbe da pensare che i rovi o altro agente naturale come i ratti o altri animali abbiano una intelligenza propria che li spinge a ignorare i primi due strati (il piumino e la felpa) per accanirsi solo sulla maglietta! Per non parlare delle scarpe e delle calze che vedono le prime, con una sola lesione tafonomica e le seconde, con ben due lesioni tafonomiche. C’è da chiedersi visto che la piccola Yara Gambirasio è stata trovata con le scarpe indossate, com’è possibile che dei roditori o altro agente naturale abbiano potuto provocare ben 2 lesioni tafonomiche? Sarebbe bastato questo, a mio avviso, per indurre a pensare che Yara sia stata spogliata e non per un breve periodo.
Sempre dalla perizia della Dottoressa Cattaneo riguardo le tracce di calce sui vestiti di Yara, alla pagina 336 della sua relazione scrive che durante gli esami delle lesioni cutanee era stata notata la presenza di polveri contenenti CaO (Calcio) in alcune zone sulla cute. “Dopo aver escluso – proseguiva la stessa Dottoressa Cristina Cattaneo – che si trattasse di una contaminazione ambientale, ove le indagini furono condotte in laboratori, nonché da parte dei reagenti di laboratorio, le stesse si sono poi focalizzate anche sugli indumenti. Le polveri erano, inoltre, presenti sugli indumenti più interni (prevalentemente maglietta e pantaloni) e scarsissime o del tutto assenti su scarpe, felpa e giubbotto. Slip, reggiseno e calze non sono stati testati perché al momento del rinvenimento del reperto (ricordiamo che si tratta di riscontri del tutto casuali) questi indumenti erano già stati inviati ai R.I.S. per indagini merceologiche e genetiche”.
Come per le ferite tafonomiche, anche per la calce sulla felpa e sul giubbino non vi sono tracce. Curiosamente, invece, sugli indumenti interni come sulla maglietta e sui pantaloni la presenza di polveri contenenti CaO (Calcio) sono abbondanti.
Le famose piume ritrovate e incredibilmente ignorate
Continuiamo a leggere sempre dal libro di Carlo Infanti “Nel Nome del Popolo Italiano”:
Sul corpo di Yara, inoltre, la Dottoressa Cristina Cattaneo ha repertato 3 piume (reperto 07/13/27 – 2°, reperto 07/13/27 – 12°, reperto 07/13/27 – 32°). Per nessuna delle tre piume è dato sapere a quali volatili appartengano. Mi chiedo come mai non sono state mai sottoposte nemmeno loro al vaglio dei giudici della Corte D’Assise di Bergamo? Non vi è poi alcun dato che aiuti a ricostruirne la provenienza animale, salvo la misura di 7 cm (seconda fotografia reperto n° 07/13/27 – 12°) e tre fotografie fatte però al microscopio che ne impediscono il riconoscimento.
Questi reperti assumono un’importanza non trascurabile dato che nessun’altra piuma è stata repertata nel campo di Chignolo d’Isola, e in particolare nella zona del ritrovamento del corpo della piccola Yara. Naturalmente, se fossero piume di un animale da cortile, sarebbe un’ulteriore prova che Yara non è stata sempre e solo in quel campo. Dimostrerebbe che Yara, prima o anche successivamente alla sua morte, è transitata in un luogo dove c’erano animali da cortile. Mi sembra superfluo dire che attorno al campo di Chignolo d’Isola, luogo del ritrovamento del corpo di Yara, non vi sono animali da cortile (galline, anatre, oche ecc).
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